Il ciclo SKIN nasce dall'esigenza di smaterializzare il corpo umano e di andare oltre l'immagine bidimensionale, attraverso l'eliminazione dei supporti classici, tela, legno ecc... Nasce dal desiderio di rappresentare e toccare l'anima umana per rendere il colore libero di descriverla e di interagire con essa.
Il colore puro rappresenta l'energia che sostiene le grandi emozioni, esso stesso ti regala attraverso questa tecnica l’emozione costante della prima volta nella quale l'artista apre il tubetto di colore fresco percependone la sua innocente purezza. Oggi questa emozione può essere rivissuta attraverso l’interazione dinamica con l'opera.
L'ombra è parte integrante dell’opera, rappresenta il celato, il lato oscuro all'interno di noi, così come la cornice rappresenta il corpo esteriore.
L'equilibrio dell'opera è dato da pieni e vuoti. I vuoti assumono il valore simbolico di ricostruzione ed evoluzione dell'anima.
Ogni creazione è unica come ogni persona. Queste opere parlano di bellezza, della voglia di vivere e della capacità d'adattamento intrinseca nell'uomo. Una continua riflessione sulla ricerca della perfezione tra l'equilibrio interiore ed esteriore con la naturale bellezza di ogni essere umano in quanto tale.
...nel caso di Vesna Pavan, la sua ricerca materica risponde perfettamente a queste due esigenze. Sul piano della seduzione visiva, questa colata blu in smalto su smalto - frutto di una gestualità intelligentemente controllata, e dello studio approfondito di una miscela alchemica che si coagula in pitto-scultura – è affermata dalla purezza estetica della sua forma. Va detto tuttavia che il territorio esecutivo del ciclo Skin corrisponde solo in parte a una collocazione in ambito Astratto-Informale; piuttosto la collocheremmo nell’area dell’Arte Concettuale, attenendoci alla definizione di Gillo Dorfles: (…) ricerca intellettuale, speculativa, il cui fine è soprattutto quello di giungere ad una realizzazione decisamente fruibile percettivamente. Ma, per meglio chiarire, non è certo riferibile all’Arte Concettuale il cui vate storico, Achille Bonito Oliva e i suoi adepti, hanno celebrato la morte dell’arte, in nome e per conto del nichilismo di Nietsche. Perché qui invece l’arte si riprende la vita, intridendosi di spiritualità. Vesna Pavan infatti, dopo aver abbandonato l’estetica delle Silhouette Fashion e Glamour, prende le distanze da qualsiasi iconoclastia. Lei stessa così definisce la sua estetica: smaterializzare il corpo umano e andare oltre l’immagine bidimensionale attraverso l’eliminazione dei supporti classici. Pertanto la sua finalità è la rappresentazione dell’anima attraverso il colore puro e primario portatore di emozioni; si tratta quindi non tanto della liquidazione dell’immagine, ma piuttosto della sua sublimazione in un guscio svuotato. A questo punto, forse, non siamo lontani dalla lezione sul colore di Piet Mondrian, salvo il valore aggiunto dell’ombra, che appartiene inevitabilmente all’opera bidimensionale, e che appare qui come l’annuncio di una lieve e inconscia inquietudine. Comunque sia, l’occhio è appagato dal bilanciamento di una materia duttile che alterna pieni e vuoti, e che esorbita dinamicamente dal supporto nell’apparente casualità di una caduta libera. E infine: Vesna Pavan ci comunica il suo amore per la vita, ci trasmette una vibrante dolcezza, e ci accoglie con un sorriso liberatorio. (Paolo Levi)
...I lavori Skin sono la messa in scena del corpo umano come materia liquida, alla stregua delle sperimentazioni pittoriche adoperate dalle avanguardie degli anni Cinquanta, da Burri a Pollock, con quel coté più pop, di stampo americano, di Claes Oldenburg o Robert Rauschenberg. La pittura è pelle che si decompone e che, così decontestualizzata, perde il suo legame con la rappresentazione tout court, per assurgere a simbolo. La pelle – gialla, rossa, nera, bianca – è metafora della maschera dell'abito, dell'apparenza che ricopre e cela il contenuto. È contenitore estetico ed estetizzante... (Luca Beatrice)
Ricordavo Vesna Pavan come elegante figurinista di sensuale robustezza grafica, vestale new pop di una bellezza al femminile fortemente suggestionata, anche suo malgrado, dai concetti di fashion e glamour così come concepiti dal mondo internazionale della moda. La ritrovo, in questo ciclo “Skin”, che ha cambiato davvero pelle artistica, immersa in una ricerca espressiva che segna uno stacco netto rispetto alla produzione precedente. Se il dilemma da affrontare, come sosteneva la stessa Pavan quando introduceva le sue opere, era fra sostanza e apparenza, l’artista ha scelto di imboccare decisamente la prima strada, rinunciando a servirsi di modelli che ha derivato da altri ambiti del gusto, sebbene mai adottati in maniera acritica (le “senza volto”, così caratteristiche della figurazione della Pavan, simboleggiavano l’opera di spersonalizzazione della donna che un certo culto dell’immagine stava determinando)per riprendere il discorso in un senso più propriamente artistico, nell’intenzione di scoprire ed esplorare nuovi orizzonti espressivi, incentrati sulla pura materialità di un colore chimico e plastico che nulla vuole più rappresentare al di fuori della sua auto-sufficienza. Niente più membra affusolate, bocche strappabaci e posa da carta patinata a dominare, quindi, ma colate di pasta cromatica, come sospese nel loro tendere naturale verso il basso, che assumono le forme più singolari, presentando spessori e componenti diversi che alterano sottigliezze da velario bucherellato a corposità più sostanziose e rotondeggianti, o, ancora rigorose monocromie a più rigogliose vivacità multicolori. Ci si muove nella dimensione fontaniana dello spazialmente incerto, a mezza strada fra pittura e scultura, fra planare e tutto tondo, con i velari che, facendosi attraversare dalla luce, proiettando ombre sul piano retrostante, tenuto a una certa distanza, introducendo in tal modo a un universo ulteriore, da un punto di vista formale come concettuale. È stato detto, giustamente, che ci sono rimandi al Pop non figurativo, a Burri, a certo Nouveau Rèalisme, aggiungerei, ma in fondo non si tratta di agganci decisivi: Vesna Pavan vuole imparare da sola, come se niente vi fosse stato prima di lei. (Vittorio Sgarbi)
Personalità artistica forte e complessa, intellettuale e creativa, quella di Vesna Pavan, artista di chiara fama che, attraverso più capitoli del suo percorso, ha oggi coagulato con i suoi “Skin” quel Mondo pittorico dell’America-Type Painting, che tocca Pollock e Gorky, Kilne e Hoffmann e ancora Oldenburg e Rauschenberg, innescando e facendo propria un’atmosfera certo internazionale di cultura e di poetica, che vuol dire aver avuto a cuore le sorti di una qualità il cui fascino è affidato all’abilità e alla ricchezza dei mezzi. E se Skin sta per pelle, giallo, rossa, nera e bianca, vuol dire che Vesna Pavan con i suoi monocromi materici ha concepito il dipingere come una continua mediazione e tensione tra lo spazio e la superficie, sinonimi di push e pull, e cioè dell’operazione di spingere in dentro e viceversa tirare in fuori la materia, facendola sbordare, esplorando così la funzione spaziale del colore. È il colore che sborda, riannodando la lezione di Arshile Gorky, portandosi nel suo caso oltre con il gesto delle scolature che rompono non solo la cornice, le forme chiuse e distruggendo quasi lo spazio. Iniziatrice di una sorta di ermetismo sintomatico, che vuol dire come con colore, spazio e immagine, ora l’opera vive una sua vita autonoma, non tanto formale, ma come accadimento. Le scosse emotive dell’artista Vesna Pavan ci consegnano con gli “Skin” una lezione di altissimo livello, dove la pittura è pelle, corpo, materia, luce e colore e ne fa grazie a una nuova libertà linguistica che fluidamente circola nei paesaggi mentali monocromi, l’incipit della nuova Avanguardia del terzo millennio. (Carlo Franza)
...Vesna Pavan eccelle come maestra della silhouette. Le opere presentate in questa mostra sono Senza Titolo 1- 2- 3- 4, enfatizzando così la natura astratta delle opere stesse; i numeri sequenziali che le identificano testimoniano una nuova fase di esperimenti nel campo del rilievo spaziale e visivo - volumetrico, che crea una sorta di effetto "cut-off" concettuale. La nuova ricerca artistica di VESNA PAVAN è contenuta nel titolo del ciclo denominato "Skin”, termine oggi giorno anche utilizzato come sinonimo di “interfaccia intercambiabile” espressione gergale per indicare la modifica dell'aspetto. Infatti attraverso la sua tecnica originale di rimuovere l’”oggetto artistico” dal piano d’appoggio convenzionale e spingendo in prima linea l’oggetto materico in una sorta di sospensione dinamica, Vesna esalta l’identità intercambiabile ed allo stesso tempo unica di ogni opera del ciclo Skin. (Grigoriy Ginzburg)